Il 28 agosto del 1910, di fronte al castello di Rosenborg a Copenaghen, gruppi di donne varcano la soglia della storica Sala Riunioni dei Lavoratori. Sono lavoratrici, sindacaliste, attiviste politiche, intellettuali, qualcuna di loro riunisce in sé tutte queste figure insieme. Sono un centinaio, provengono da diciassette paesi d’Europa e d’America e hanno molti argomenti da discutere: al primo punto il suffragio universale e al secondo la sicurezza e la protezione sociale delle madri lavoratrici e dei loro figli. Si aprono così i lavori della seconda Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste, presieduta da Clara Zetkin (nella foto).
In questa occasione, si decide all’unanimità che ogni anno verrà celebrata in tutte le nazioni una Giornata Internazionale della Donna. Non si indica una data precisa. La Zetkin chiude i lavori annunciando che la prossima Conferenza si terrà a Vienna nel 1914.
Quell’appuntamento non potrà essere rispettato, la prima Guerra Mondiale sconvolgerà le vite di tutti. La Giornata Internazionale della Donna, invece, già nel 1911, solo in Europa, porta oltre un milione di donne nelle piazze a riunirsi in un cammino che continua ancor’oggi.
Da allora, la Giornata della Donna si è intrecciata con le grandi e piccole vicende della storia, a volte con delle coincidenze epocali.
Il 23 febbraio 1917 (l’8 marzo secondo il nostro calendario gregoriano), le donne di Pietrogrado guidano una grande manifestazione per la Giornata della Donna, chiedendo per la Russia la fine della guerra. Quella data si ricorda oggi come l’inizio della rivoluzione russa, che segnerà la fine dello zarismo e porterà poi all’uscita della Russia dal conflitto mondiale, ma l’8 marzo è anche la data ufficiale della Giornata della Donna.
La prima Giornata della Donna in Italia si celebra nel 1922 ma poi la grande storia si rabbuia ancora e presto sarà di nuovo la guerra a dettare gli eventi.
Nel frattempo, da quell’estate di Copenaghen, le donne faticosamente proseguono la loro battaglia, conseguendo molti importanti risultati in tanti paesi diversi. Pensiamo al suffragio universale, che diventa realtà, almeno sulla carta, negli Stati Uniti e in Inghilterra.
Nel secondo dopoguerra, in un mondo che finalmente ha trovato la pace, sia pure fragile e minacciata, la Giornata della Donna rinnova il suo slancio. L’8 marzo del 1946 le piazze italiane, per la prima volta, si tingono del giallo vivace delle mimose, il fiore che da allora diverrà il simbolo di questa celebrazione. Due giorni dopo le donne votano per la prima volta. Pochi mesi ancora e vedremo anche le donne nell’Assemblea Costituente che scriverà la Costituzione.
Sono solo 21, su oltre 500 deputati, ma il loro ingresso al più alto livello delle istituzioni rappresentative è ormai segnato e un altro passo fondamentale è compiuto.
Tra i molti organismi che si vengono a costituire dopo il secondo conflitto mondiale per rafforzare e proteggere la pace internazionale, l’Organizzazione per le Nazioni Unite riveste un ruolo fondamentale. Ed è proprio l’ONU a sancire formalmente la Giornata della Donna a livello internazionale.
Il 16 dicembre del 1977, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite delibera di dichiarare un giorno all’anno “Giornata delle Nazioni Unite per i Diritti delle Donne e per la Pace Internazionale”. Questi due temi, diritti delle donne e pace internazionale, possono sembrare slegati tra loro e semplicemente affiancati in un’unica celebrazione. Ma capiamo che non è così se leggiamo il preambolo della “Dichiarazione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna”, innovativo documento adottato dalle Nazioni Unite nel 1967 e ripreso dieci anni dopo nella delibera ONU sulla Giornata della Donna del 1977. In questo documento si legge testualmente:
“[…] il pieno sviluppo di un Paese, la prosperità del mondo e la causa della pace richiedono in ogni campo la più ampia partecipazione delle donne quanto degli uomini”.
L’Assemblea delle Nazioni Unite, quindi, nel documento del 1967 parla per la prima volta di ‘discriminazione’ contro le donne e, soprattutto, nella frase citata coniuga la prosperità e la pace mondiale in un unico concetto, che trova fondamento nell’eguale apporto di uomini e donne.
Da quel 1977, sono trascorsi quasi cinquant’anni. Molte pietre miliari verso la parità tra i generi sono state poste da allora, ma altre restano un traguardo non raggiunto e altre ancora vanno prospettate, per adeguarsi al divenire dei tempi e delle comunità umane. Si pensi ad esempio al mondo del lavoro: le donne subiscono una segregazione verticale (glass ceiling), ovvero difficoltà nel raggiungere posizioni apicali di carriera, una segregazione orizzontale, cioè la concentrazione dell’occupazione delle donne solo in alcuni settori o professioni, e il gender pay gap, le differenze retributive a parità di mansione e ruolo.
Per questo la Giornata della Donna ancor’oggi non è soltanto memoria ma anche visione e impegno, cui tutti indistintamente siamo chiamati.