Moira Fontana – Presidente del Comitato Impresa Donna dell’APPIA CNA di Belluno

 

Giornata Internazionale della Donna: quanto resta da fare? Molto!

In questi ultimi mesi di attività del nostro comitato, anche dal confronto con le altre associazioni di categoria e con la Consigliera di Parità Provinciale, mi sono convinta che anche il mondo imprenditoriale possa, anzi debba, fare la sua parte.

Una necessità che non è solo etica ma anche economica, specialmente in un momento storico come questo, erede di una pandemia che lo ha cambiato profondamente.

Il nostro Paese non può pensare di essere competitivo e vincere la sfida dei talenti escludendo metà della sua potenziale forza lavoro.

Dirò di più. Parlando di inclusione, è davvero sufficiente esaltare gli incrementi quantitativi del numero di donne occupate nel mondo del lavoro e dell’imprenditoria? La risposta è automatica quando registriamo che è la qualità della partecipazione delle donne a restare troppo spesso molto diversa da quella degli uomini.

E questo gap è un limite aggravato dall’assenza di una coscienza collettiva che faccia percepire la necessità di un vero egualitarismo, inteso come fondamento dello sviluppo sostenibile della nostra società, in altre parole fondamento del bene comune!

Appare evidente che la consapevolezza dei numeri e delle statistiche non ci porterà a conseguire un cambiamento reale fino a quando la parità di genere non diventerà anche priorità strategica a tutti i livelli. L’errore in cui rischiamo di incappare è quello di pensare di raggiungere la parità senza praticarla, magari riducendola ad una sessione di formazione.

E questo vale anche per noi imprenditori. Qualche idea sulle azioni concrete da intraprendere? Le sintetizzerei in un concetto: rivedere i modelli organizzativi per superare i pregiudizi.

Penso quindi, ad esempio, che l’obiettivo della progressione di carriera delle donne vada trattato con la stessa metodologia con cui si misura il raggiungimento degli obiettivi strategici dell’azienda, che per il cambiamento serva il sostegno di tutta l’organizzazione con un’assunzione generale di impegno e che sia necessario mettere in campo azioni che non vengano percepite come iniziative delle donne per le donne. Gli uomini devono essere parte della soluzione, di quella soluzione che si traduce in vantaggio competitivo per tutti.

Proviamo, insomma, a chiederci in che misura, perché dev’essere misurabile, le nostre organizzazioni sostengono la carriera delle donne e cosa possiamo fare in azienda per fare in modo che gli uomini diventino alleati nello sforzo collettivo di sostenere l’inclusione e la parità di genere.

E, non meno importante, mettiamoci in discussione anche noi donne. Quante volte guardiamo all’emancipazione in modo distorto, più come a una conquista individuale che a una necessaria rivendicazione collettiva? Quanto spesso i valori di cui le donne sono portatrici non vengono riconosciuti dalle donne stesse e, nel nostro caso, da noi come imprenditrici?

Mettiamoci in discussione in prima persona ma non rinunciamo a rivolgerci alle istituzioni per pretendere il presidio del territorio con servizi che facciano rete intorno alle persone, donne e uomini, affinché tutti possano conciliare al meglio la loro vita personale con il lavoro e fare finalmente in modo che la condivisione risulti una forma di agire fuori dai confini di genere.

Occuparsi davvero di lavoro femminile significa in pratica ripensare alla nostra società e, sì, c’è ancora molta strada da fare!

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