“È letteralmente impossibile essere una donna. Sei così bella e così intelligente e mi uccide il fatto che non pensi di essere abbastanza brava. Dobbiamo essere sempre straordinarie, ma in qualche modo, lo facciamo sempre in modo sbagliato.
Devi essere magra, ma non troppo. E non si può mai dire di voler essere magri. Devi dire che vuoi essere sana, ma allo stesso tempo devi essere magra. Devi avere soldi, ma non puoi chiedere soldi perché è volgare. Devi essere un capo, ma non puoi essere cattiva. Devi comandare, ma non puoi schiacciare le idee degli altri. Devi amare l’essere madre, ma non parlare dei tuoi figli per tutto il dannatissimo tempo. Devi essere una donna in carriera, ma anche preoccuparti sempre degli altri. Devi rispondere del cattivo comportamento degli uomini, il che è assurdo, ma se lo fai notare, vieni accusata di essere una che si lamenta. Dovresti rimanere bella per gli uomini, ma non così bella da tentarli troppo o da minacciare le altre donne, perché dovresti far parte della sorellanza.
Ma devi sempre distinguerti dagli altri ed essere sempre grata. Senza dimenticare che il sistema è truccato. Quindi, trova un modo per farlo notare, ma essendone sempre grata. Non devi mai invecchiare, mai essere maleducata, mai metterti in mostra, mai essere egoista, mai cadere, mai fallire, mai mostrare paura, mai uscire dalle righe.
È troppo difficile! È troppo contraddittorio e nessuno ti dà una medaglia o ti ringrazia! E poi si scopre che non solo stai sbagliando tutto, ma che è anche colpa tua. Sono così stanca di vedere me stessa e ogni altra donna che si distrugge per piacere alla gente. E se tutto questo vale anche per una bambola che rappresenta le donne, allora non so nemmeno io cosa dire”.
Per molti il monologo centrale del film di Greta Gerwig, “Barbie”, diventato virale sui social, può considerarsi un manifesto collettivo sull’attuale situazione della parità di genere. Al di là di come la si possa pensare, è vero che il testo racchiude in sé la somma di tutte quelle aspettative socio-culturali che generano conflitti e frustrazione.
L’ossessione per l’estetica e il contemporaneo stigma per le donne che vi aderiscono, il dovere di avere successo sul lavoro senza sembrare troppo ambiziose, l’aspettativa del perfetto bilanciamento tra il ruolo di madre, da volere incondizionatamente e con un’asticella sempre più alta del valore pedagogico di ogni gesto, e quello di professionista e lavoratrice, ma senza in fondo dare troppo spazio a nessuno dei due.
Si tratta insomma di una lista di tutti quei bias, in altre parole quelle distorsioni che la società impone alle donne e che è indubbiamente necessario riconoscere, agendo per isolarli, contenerli e speriamo cancellarli, nel più breve futuro possibile.