La Sicilia come esempio virtuoso. La Sardegna come esempio opposto. E in mezzo una frammentazione di situazioni, tempistiche, modalità che fa venire in mente il Paese dei mille campanili. E tutti i problemi di sminuzzamento che ne discendono per l’Italia. È la fotografia di un servizio, o meglio un disservizio, cruciale per la sicurezza stradale e per l’economia del trasporto su gomma: la revisione dei veicoli pesanti. A scattarla CNA Fita (Federazione italiana trasportatori artigiani), l’unione delle imprese di trasporto associate alla confederazione, che ha mappato la situazione attraverso i suoi associati di tutta Italia.

Tempi biblici

L’iniziativa di CNA Fita scaturisce da una considerazione: i tempi di attesa per la revisione dei veicoli superiori ai 35 quintali di massa complessiva, i cosiddetti veicoli pesanti, continuano a rappresentare un punto dolente per il settore. Questo nonostante la Legge di Bilancio 2019, modificando l’articolo 80 del Codice della strada, abbia permesso ai centri privati di revisione titolari di apposita autorizzazione di effettuare le revisioni dei veicoli pesanti destinati al trasporto di merci non pericolose o non deperibili in regime di temperatura controllata e dei relativi rimorchi e semirimorchi, modalità che si aggiunge alle revisioni presso gli uffici territoriali delle motorizzazioni e alle sedute esterne presso attività di autoriparazione autorizzate ai sensi della legge 870/86. Le opportunità offerte dalla Legge di Bilancio avevano acceso tra gli autotrasportatori la fiammella della speranza per dimenticare i ritardi biblici delle revisioni negli uffici della Motorizzazione e i costi e i ritardi delle sedute esterne, che hanno comunque bisogno degli ispettori della Motorizzazione. E queste comunque arrivano a costare quattro volte la tariffa della revisione presso gli uffici della Motorizzazione civile (da 45 a 180 euro a mezzo), principalmente per l’incidenza della trasferta del personale pubblico. Ma lungaggini amministrative, addirittura scioperi e altre iniziative di protesta contro l’apertura del servizio ai privati, di cui non si comprende la necessità visti i ritardi causati dagli uffici pubblici, stanno facendo sfumare le speranze accese dalla Legge di Bilancio 2019. Tranne in qualche isola felice.

Pochi e in età

Sul fronte del funzionamento o, spesso, del disfunzionamento della Motorizzazione, a fare la differenza tra città e città è la graduale quiescenza del personale e della difficoltà nel ricambio. Dove il ricambio è avvenuto e l’organico in genere adeguato, le revisioni vengono garantite in tempi accettabili. Il resto d’Italia è un pianto. Quasi dappertutto difficilmente i tempi di revisione scendono sotto i tre mesi.

Le conseguenze del caos

Il caos sulla revisione, oltre a generare pericoli per autisti e utenti delle strade, crea problemi per le aziende. Da un lato la confusione sulla validità delle polizze assicurative, sia pure in presenza di autorizzazione a derogare i limiti temporali di scadenza della revisione, dall’altro la mancanza di programmazione degli interventi che procura alle imprese pesanti danni economici, a partire dall’impossibilità di andare fuori dai confini nazionali. Le risposte alle prenotazioni di revisione via posta elettronica non si conoscono in anticipo e capita che, quando l’avviso arriva, l’automezzo da revisionare sia in attività fuori sede e non possa essere sottoposto ai controlli. Pesanti anche le conseguenze su attività stagionali, quali i trasporti agro-alimentari.

Un parco veicolare vetusto

L’elevata età media del parco veicolare circolante aggiunge ulteriore preoccupazione alla mancata revisione dei mezzi nei tempi previsti dal Codice della Strada. Al 31 dicembre 2021, il 66% del totale del parco veicolare commerciale italiano del trasporto merci, oltre cinque milioni e mezzo di veicoli, era costituito da mezzi di classe ambientale euro quattro e inferiore. Solo poco più di un terzo i veicoli euro cinque e sei. Questo significa che i due terzi del parco veicolare commerciale ha dai 17 (euro IV) ai 30 (euro zero) anni, mentre un terzo di esso ha comunque un’età compresa tra i 7 (euro VI) e i 13 (euro V) anni. Eclatante è anche il dato dei rimorchi: poco meno della metà conta tra i 15 e i 40 anni mentre più del 7% supera addirittura i 40 anni. Per quanto riguarda gli autobus, la percentuale dei veicoli euro quattro e inferiori è pari a circa il 58%, evidenziando anche in questo caso una consistente anzianità di servizio.

Che fare

Di fronte a questa situazione CNA Fita chiede di affidare la priorità alla sicurezza stradale, e quindi alla revisione dei veicoli pesanti nel più breve tempo possibile, tanto più considerata l’età media avanzata del parco mezzi italiano. Auspica di garantire il giusto equilibrio tra le varie modalità di revisione dei veicoli pesanti e soprattutto di favorire l’applicazione della Legge di Bilancio 2019 che, coinvolgendo i centri di controllo privati attraverso il trasferimento delle competenze attualmente in capo alla Motorizzazione, può rappresentare un’autentica rivoluzione per le imprese dell’autotrasporto e condurre a una modernizzazione del sistema di revisione degli automezzi.

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