Lo scorso 14 settembre CNA del Veneto è stata ricevuta con Confindustria per un’audizione presso la Quarta Commissione del Consiglio Regionale del Veneto, che si occupa di legalità e valutazione delle politiche pubbliche. La commissione in quest’occasione ha inteso prendere le misure del fenomeno contraffazione sul tessuto imprenditoriale veneto e approfondire le strategie di contrasto nei confronti di una forma di concorrenza sleale che mette in ginocchio piccole medie imprese, fa perdere posti di lavoro regolari, rovina la reputazione del ‘made in Italy’ e indebolisce le identità di intere filiere, tra le quali quella dell’agroalimentare.

Se si considera questo settore, si osserva che nel 2010 l’export agroalimentare italiano valeva 28,1 miliardi di euro. Nel 2022 è cresciuto a 60 miliardi, saliti del +15% rispetto all’anno prima e, secondo le stime di CNA, nel 2023 dovrebbe raggiungere i 70 miliardi.

Dal 2010 al 2021 l’export agroalimentare è aumentato dell’80%. Nel 2023 arriverà a superare il 100% rispetto al 2010 e ha ancora margini di crescita (elaborazione di CNA Veneto su dati Istat).

A livello regionale, Lombardia (16,2%), Emilia-Romagna (15,9%) e Veneto (15,4%) fanno quasi la metà dell’export agroalimentare italiano (47,5%) (Ismea 2023).

L’export agroalimentare veneto fa registrare in dieci anni, tra il 2012 e il 2022, un incremento del +86,2% (elaborazione di CNA Veneto su dati Istat e Regione Veneto).

In dieci anni, la distanza coperta in media dalle esportazioni agroalimentari è aumentata del +8%: prodotti agricoli, alimentari e bevande veneti arrivano sempre più lontano.

Nonostante l’ottima salute del settore agroalimentare, la proiezione internazionale della filiera è ancora inferiore al potenziale e l’Italia si posiziona al 5° posto tra i Paese europei per esportazioni agroalimentari. Il nostro export vale il 65% dell’export tedesco e il 72% di quello francese, dato ancor più significativo se pensiamo che al primo posto tra gli Stati europei si posizionano i Paesi Bassi.

Il principale ostacolo per essere competitivi nell’export agroalimentare? Il cosiddetto ‘Italian Sounding’.

L’Italian Sounding è quel fenomeno che consiste nell’utilizzo su etichette e confezioni di denominazioni, riferimenti geografici, immagini, combinazioni di colori e marchi che evocano l’Italia e in particolare, alcuni dei suoi più famosi prodotti tipici (dal parmigiano alla mozzarella), per promuovere la commercializzazione di prodotti soprattutto ma non esclusivamente agroalimentari, in modo da portare ingannevolmente il consumatore a credere che si tratti di autentici prodotti italiani, quando in realtà di italiano hanno poco o nulla.

Se l’Italian Sounding si trasformasse in vero fatturato italiano, il potenziale di export sarebbe di circa 130 miliardi di euro.

In altre parole, ci sono 79 miliardi di euro nel mondo di prodotti “Italian Sounding” (The European House – Ambrosetti insieme ad Assocamerestero). Per il Veneto si tratta, secondo le stime CNA Veneto, di una perdita pari almeno all’attuale export agroalimentare veneto, cioè di 9 miliardi all’anno per l’effetto dell’Italian Sounding, con Grana Padano e Prosecco in testa tra i prodotti “Italian Sounding” venduti.

Il settore agroalimentare italiano rappresenta uno dei pilastri della competitività dell’Italia nel mondo, grazie alle sue eccellenze enogastronomiche, alla qualità delle sue produzioni e alla sua radicata tradizione storica. L’apprezzamento internazionale per la produzione italiana è evidenziato dalla continua crescita delle esportazioni negli ultimi anni (+118,3% rispetto al 2010).

Il Veneto spicca nella classifica delle regioni, al 3° posto, e sale al 1° per la DOP ed IGP economy.

La frammentazione del settore frena però la presenza internazionale dei prodotti alimentari italiani, e la loro difesa, con l’85,4% del comparto costituito da piccole imprese che non godono poi appieno dei benefici dell’export in termini di ricavi. A tal proposito sottolineiamo che l’Italian Sounding non è solo un danno economico a carico dei prodotti del nostro Made in Italy ma anche un oltraggio verso le professionalità alla base delle filiere artigianali del saper fare italiano che, partendo dal territorio, rendono uniche e così apprezzate le produzioni nazionali.

CNA Veneto ritiene che il tema debba essere affrontato a livello istituzionale, con la richiesta di misure specifiche di contrasto, e pertanto ha chiesto che la Regione Veneto si proponga come capofila di questa battaglia, promuovendo la creazione di queste misure di contrasto ma anche di azioni che aumentino la consapevolezza del consumatore straniero nei confronti dei nostri prodotti.

A livello di società civile è necessario far prendere coscienza della questione attraverso comportamenti d’acquisto più consapevoli e attraverso l’adozione di pratiche che favoriscano la tracciabilità dei prodotti e la riconoscibilità del prodotto italiano e veneto.

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