La legge 3 luglio 2023, n. 85 “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro” ha convertito il cosiddetto ‘Decreto Lavoro’, introducendo numerose disposizioni.

In primo luogo, viene previsto il superamento, a partire dal 1° gennaio 2024, della disciplina del reddito di cittadinanza, che, come precisato più volte, è stata una misura che ha prodotto effetti distorsivi sul mercato del lavoro e ha concorso ad acuire la difficoltà di reperimento di manodopera da parte delle imprese.

La normativa in parola, infatti, tra le nuove misure di inclusione sociale e lavorativa (articoli da 1 a 13) istituisce l’assegno di inclusione quale misura nazionale di contrasto alla povertà, alla fragilità e all’esclusione sociale, nonché di formazione, lavoro e politica attiva. Tale misura è condizionata all’adesione a un percorso personalizzato di attivazione e inclusione sociale e lavorativa.

Viene introdotto anche il supporto per la formazione e il lavoro (articolo 12), che entrerà in funzione dal 1° settembre 2023 per favorire l’attivazione nel mondo del lavoro delle persone a rischio di esclusione sociale e lavorativa. Tale strumento prevede la partecipazione a progetti di formazione, di qualificazione e riqualificazione professionale, di orientamento, di accompagnamento al lavoro e di politiche attive del lavoro. È utilizzabile dai singoli componenti dei nuclei familiari, di età compresa tra 18 e 59 anni, con un valore dell’ISEE familiare non superiore a euro 6.000 annui, che non hanno i requisiti per accedere all’assegno di inclusione.

Il supporto per la formazione e il lavoro può essere utilizzato anche dai singoli componenti dei nuclei che percepiscono l’assegno di inclusione, quando decidano di partecipare ai percorsi di politiche attive per il lavoro, pur non essendo sottoposti agli obblighi di cui al percorso personalizzato di inclusione sociale e lavorativa, a condizione che si tratti di persone non calcolate nella scala di equivalenza di cui all’articolo 2 comma 4 del Decreto Lavoro.

La partecipazione alle attività per l’attivazione nel mondo del lavoro determina l’accesso per l’interessato a un beneficio economico pari 350 euro mensili, entro un limite massimo di 12 mensilità.

Il sistema informativo avrà un ruolo centrale per il successo delle misure, in quanto dovrebbe mettere in comunicazione numerosi soggetti, assicurando l’interoperabilità di tutte le piattaforme digitali dei soggetti accreditati al sistema sociale e del lavoro. Sarà quindi necessario rendere al più presto operative ed efficienti le piattaforme digitali, così come sarà necessario potenziare la capacità di intermediazione dei servizi per l’impiego.

Ai datori di lavoro vengono riconosciuti incentivi in caso di assunzione di beneficiari dell’assegno di inclusione mediante contratto a tempo indeterminato, anche in apprendistato. Si tratta di un esonero totale dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro nel limite massimo di 8.000 euro su base annua. L’esonero è riconosciuto anche per le trasformazioni dei contratti a tempo indeterminato, purché tali trasformazioni avvengano entro 24 mesi dalla data di assunzione.

Resta confermata la previsione – a nostro parere eccessivamente gravosa – per la quale, nel caso di licenziamento del beneficiario dell’assegno di inclusione nei 24 mesi successivi all’assunzione, il datore di lavoro è tenuto alla restituzione dell’incentivo fruito, maggiorato delle sanzioni civili previste in caso di omissione contributiva.

Sul versante della formazione, il Fondo Nuove competenze (articolo 19) viene incrementato nel periodo di programmazione 2021-2027 dalle risorse derivanti dal Programma Nazionale Giovani, Donne e Lavoro e dal PON SPAO (Sistemi di Politiche Attive per l’Occupazione). Con le nuove risorse, saranno finanziate le intese sottoscritte a decorrere dal 2023 volte a favorire l’aggiornamento delle professionalità dei lavoratori a seguito della transizione digitale ed ecologica.

Nell’ottica di tale rifinanziamento, sarà fondamentale rendere il Fondo sempre più adeguato alle esigenze delle imprese artigiane e di piccole e medie dimensioni, ampliando le opportunità formative e rafforzando l’integrazione con le risorse dei fondi interprofessionali per la formazione continua.

Positivo anche l’intervento in materia di semplificazioni (articolo 26), ove si conferma la possibilità di adempiere ad alcuni degli obblighi informativi a cui è sottoposto il datore di lavoro mediante l’indicazione del riferimento normativo o del contratto collettivo, anche aziendale, che ne disciplina le materie. Ai fini della semplificazione, il datore di lavoro è tenuto a consegnare o a mettere a disposizione del personale la regolamentazione contrattuale anche mediante la pubblicazione sul sito web.

Si tratta di istanze fortemente rappresentate dalla CNA, che vanno nella direzione di snellire e razionalizzare gli adempimenti ai quali sono tenute le imprese.

Per quanto concerne la nuova disciplina del contratto a tempo determinato (articolo 24), resta confermato che il contratto possa essere acausale per un periodo massimo di dodici mesi.

Superato tale periodo, e comunque entro il limite massimo di 24 mesi, il contratto a termine può essere sottoscritto in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

·         nei casi previsti dai contratti collettivi;

·         in assenza di espressa previsione da parte della contrattazione collettiva, nei casi previsti dai contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30/4/2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa, produttiva o individuale individuate dalle parti;

·         in sostituzione di altri lavoratori.

Un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessi soggetti, della durata massima di dodici mesi, può essere stipulato presso la direzione territoriale del lavoro competente per territorio.

Pur esprimendo soddisfazione per il superamento delle rigidità introdotte dal cosiddetto Decreto Dignità, la CNA continua a rappresentare l’esigenza di intervenire nuovamente sul contratto a tempo determinato, nella direzione di eliminare sia il contributo addizionale dello 0,5% previsto in occasione di ciascun rinnovo, sia il contributo dell’1,4% della retribuzione imponibile, dovuto dai datori di lavoro con riferimento ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato. Questi due interventi, infatti, rappresenterebbero un’effettiva riduzione del costo del lavoro, coerente con la volontà di abbandonare le rigidità della normativa dei contratti a termine.

Per quanto concerne la somministrazione di lavoro (articolo 24), salva la diversa previsione contenuta nei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore, resta confermata la soglia del 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato. Viene però specificato che non rientrano in tale soglia massima i lavoratori somministrati assunti con un contratto di apprendistato e i soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamento di disoccupazione o di ammortizzatori sociali e dei lavoratori svantaggiati.

Per sostenere l’occupazione giovanile (articolo 27), ai datori di lavoro privati è riconosciuto un incentivo per un periodo di 12 mesi, nella misura del 60% della retribuzione mensile lorda per le nuove assunzioni effettuate dal 1° giugno al 31 dicembre 2023 nei confronti di giovani under 30, che siano NEET (giovani tra 15 e 29 anni che non lavorano, e non sono inseriti in un percorso di istruzione o formazione) e che siano registrati al Programma Operativo Nazionale Occupazione Giovani. L’assunzione deve avvenire mediante un contratto a tempo indeterminato, anche a scopo di somministrazione, e con il contratto di apprendistato professionalizzante.

Proprio l’apprendistato professionalizzante dovrebbe essere inteso come il canale privilegiato per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro e quindi, la misura principale da incentivare, perché è in grado di creare lavoro di qualità e di colmare il mismatch di competenza.

In materia di lavoro agile semplificato (articoli 28 bis e 42), fino al 30 settembre 2023, per i lavoratori affetti dalle patologie espressamente individuate dal Ministero del Lavoro, il datore di lavoro assicura lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione nella medesima categoria o area di inquadramento.

Viene prorogata la possibilità di usufruire dello smart working semplificato anche ai lavoratori dipendenti, con figli entro i 14 anni di età.

Per ridurre il costo del lavoro, viene incrementato di 4 punti percentuali l’esonero sulla quota dei contributi previdenziali (articolo 39) a carico del lavoratore per il periodo di paga 1° luglio – 31 dicembre 2023. Limitatamente al periodo di imposta 2023 viene innalzato da 258,23 a 3.000 euro il valore dei fringe benefit per i lavoratori dipendenti con figli. Sono incluse in tale soglia anche le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.

CNA ha espresso soddisfazione per le misure contenute nel decreto, soprattutto per quanto concerne i nuovi interventi di politica attiva, la semplificazione e la normativa sul contratto a termine.

Appare importante, altresì, proseguire nella direzione di voler ridurre il costo del lavoro, anche a vantaggio delle imprese. Un primo punto di partenza, già segnalato da CNA, potrebbe essere costituito dalla detassazione e decontribuzione degli aumenti salariali e delle voci retributive derivanti dalla contrattazione, ivi compresi gli interventi di welfare operati dalla bilateralità, proprio sulla scia della rinnovata attenzione in materia di welfare.

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