Combinando i risultati dell’indagine promossa dal Comitato per l’Imprenditoria Femminile della CCIAA di Treviso – Belluno con quelli delle nostre interviste, emerge con assoluta chiarezza che la leadership del futuro dovrà essere inclusiva.
Alle aziende si prospetterà sempre più un contesto V.U.C.A., acronimo inglese che indica vulnerabilità, incertezza, complessità e ambiguità. Esso imporrà continui processi di adattamento, che richiederanno una leadership capace di fare team e di pervadere l’impresa degli obiettivi che la stessa si è data.
Le testimonianze delle imprenditrici dimostrano che l’insieme delle competenze manageriali necessario a guidare i processi di transizione in atto è spiccatamente ibrido e composto in buona parte di soft skill.
Le interviste indicano con chiarezza che, al netto delle competenze tecniche, sono le attitudini, le competenze relazionali (o soft skill) a fare la differenza, più specificamente le attitudini di genere. Le differenziazioni in questo caso sono valutate come complementari, perché reciprocamente valorizzanti in un contesto inclusivo. Si potrebbe parlare quindi non tanto di parità di genere, quanto piuttosto di diversità di genere integrata. Una leadership che possa contare su sensibilità diverse non solo valorizza l’impresa ma consente di affrontare con più facilità le sfide del presente e le epocali trasformazioni che esse impongono. Questa consapevolezza inciderà sempre di più sui fenomeni di gender gap e sul numero delle imprese che adotteranno strategie per gestire diversità e inclusione.
Tutte le analisi dimostrano che le aziende più inclusive sono in grado di generare un valore più elevato e sostenibile nel lungo periodo.
In questo orizzonte, la mole di risorse che sarà immessa nel sistema nel sistema economico dal PNRR non ha precedenti nella storia del nostro Paese, così come è inedito il numero di riforme che ci siamo impegnati a realizzare per migliorare equità, efficienza e competitività.
Al netto delle valutazioni che si possono fare sui diversi strumenti previsti dal Piano, la mancanza di trasparenza retributiva viene individuata come uno dei principali ostacoli al superamento del gender gap. Il divario retributivo ha ripercussioni a lungo termine sulla qualità della vita delle donne e le espone ad un maggior rischio di povertà. Gap retributivo e basso numero di donne nelle posizioni di potere emergono come i temi più urgenti da affrontare.
In tale prospettiva, la letteratura è concorde nel sostenere l’importanza di strumenti come quello della Certificazione di Parità, che aspira a generare un cambiamento sostenibile e durevole nella cultura aziendale, incidendo a livello strutturale anche sul divario salariale e retributivo.
Si tratta di un primo passo, particolarmente vincente se coniugato con politiche innovative di welfare, servizi e benefit che favoriscano la conciliazione dei tempi lavorativi con quelli di vita. Il potenziale di questa misura sta nel rafforzamento della capacità delle imprese di attrarre talenti femminili.
Sul fronte del rafforzamento dell’applicazione del principio della parità retributiva tra uomini e donne, per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, va citata da ultimo la direttiva UE n. 970/2023 del 10 maggio 2023. Gli Stati membri dovranno conformarsi alla stessa entro il 7 giugno 2026. La direttiva stabilisce prescrizioni minime intese a rafforzare l’applicazione del principio della parità retributiva, che dovrà essere garantita da tutti i datori di lavoro, sia privati che pubblici. La norma impone anche la trasparenza retributiva prima dell’assunzione per coloro che affronteranno le selezioni e dispone che vengano resi accessibili ai lavoratori i criteri utilizzati per determinare livelli retributivi e progressione economica dei lavoratori. Oltre a questo, i lavoratori avranno il diritto di chiedere e ricevere per iscritto tutte le informazioni sul loro livello retributivo individuale e sui livelli retributivi medi, ripartiti per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o lavoro di pari valore.
Più in generale, le aziende dovranno fornire ai lavoratori e alle loro rappresentanze, oltre che agli organi deputati da ciascun stato membro, informazioni statistiche su diversi dati relativi alle retribuzioni.
Di sicura incisività è il diritto al risarcimento del danno per il lavoratore vittima di una violazione connessa al principio della parità di retribuzione, con previsione, in proposito, dell’inversione dell’onere della prova a vantaggio dello stesso lavoratore.
Su questo fronte, va citata anche la legge regionale del Veneto n. 3 del 15 febbraio 2022 “Disposizioni per la promozione della parità retributiva tra donne e uomini e il sostegno all’occupazione femminile stabile e di qualità”. Questa norma, oltre a prevedere specifiche misure per contrastare i differenziali retributivi di genere, introduce una serie di interventi volti a facilitare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, e al contempo favorire la presenza femminile nel mondo del lavoro, anche attraverso la promozione di una cultura antidiscriminatoria.
In anticipo rispetto alla direttiva UE 970/2023, questa legge ha previsto l’attribuzione di benefici economici e l’accesso a un sistema di premialità per quelle imprese, pubbliche o private, con sede legale e operanti sul territorio regionale, che si impegnino a valutare la loro situazione attraverso la raccolta e l’analisi di dati relativi alla situazione del personale femminile e maschile. In particolare, la norma si propone di stimolare le aziende ad impegnarsi maggiormente nei comportamenti a tutela della maternità, nella formazione e nella promozione professionale, nelle iniziative per conciliare i tempi di vita con i tempi di lavoro, nei passaggi di categoria o di qualifica, nell’equo riconoscimento della qualifica professionale e nella retribuzione effettivamente corrisposta.
Tra le novità che questa legge istituisce, troviamo anche il Registro regionale delle imprese virtuose in materia retributiva di genere.
Sostenere con forza questi strumenti di progresso verso la parità di genere celebrata con l’8 marzo è un compito statutario del Comitato Imprenditoria Femminile di APPIA CNA, il raggruppamento nel quale l’Associazione ripone la speciale, fattiva attenzione che da sempre rivolge alle imprenditrici e al lavoro al femminile.